Dal sito "Teatro Teatro" di Venerdì 31 Ottobre 2008RecensioneIncompreso alla sua prima rappresentazione scenica (prima assoluta il 6 dicembre 1918 al Teatro Quirino di Roma) e considerato quasi un’opera minore , Il giuoco delle parti venne riscoperto dall'allestimento della Compagnia dei Giovani negli anni ‘60. Studi critici ancora più recenti hanno confermato quanto sia un testo inquietante e moderno , con una sottile venatura erotica e ciò spiega l’alterno gradimento da parte di critica e pubblico nel secolo scorso. Un testo tutt’ora, più che mai, difficile da dirigere ed interpretare senza tradire le intenzioni dell’autore.
Il giuoco delle parti conduce all’eterno dilemma della maschera che ogni uomo, più o meno consapevolmente, riesce o è costretto ad indossare e allo stesso tempo illustra la continua ricerca di un “pernio”, il punto d’appoggio dal quale osservare il baratro che separa la vita esteriore, fatta di convenzioni borghesi, da un atteggiamento di filosofica astrazione.
Il ruolo di marito tradito, rappresentato da Geppy Gleijeses nelle vesti di Leone , che per difendersi sceglie di farsi “il vuoto dentro”, lascia scorrere asetticamente la propria esistenza inattaccabile da sentimenti ma senza venir meno al rispetto delle forme imposte dal ruolo nella società benestante di cui fa parte. L’eterno triangolo assume un contorno quasi grottesco eppure riesce a mantenere dignitoso il dramma che si sta consumando sino alla fine, quando l’urlo liberatorio del protagonista nei confronti della moglie rivela la finzione del suo atteggiamento.
A firmare la regia di questa edizione è Elisabetta Courir dietro il progetto e drammaturgia di Egisto Marcucci, che anni fa ne diresse una con Lionello e la Blank. L’idea portante è il tentativo di rivitalizzare il testo, accantonando parzialmente le disquisizioni del protagonista per favorire l’aspetto di scontro senza esclusione di colpi da parte della coppia protagonista, con il ruolo dell’amante ridotto ad una figurina scialba e senza nerbo; dopo una partenza lenta, la messa in scena procede, forse a velocità troppo elevata, verso il tragico finale, tra contese filosofiche ed irruzioni sul palco in stile Arancia Meccanica. Oltre a Gleijeses e a Luciano Virgilio, bravi a rendere ai propri personaggi il giusto mix tra aplomb cinico e pallida indifferenza,
da segnalare l’interpretazione di Marianella Bargilli, melodrammatica e sprezzante nel ruolo di Silia. (Salvatore Todaro -
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