Teatro Greco di Siracusa ed Eracle: Approfondimenti.

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A titolo informativo inserisco breve storia del mito di Eracle.



Eracle

Eracle è un eroe della mitologia greca, corrispondente alla figura della mitologia romana Ercole. Era figlio di Alcmena e di Zeus, ed era dotato di una forza sovrumana. Nacque ad Argo oppure a Tebe.

La vicenda di questo eroe non è raccontata in una sola opera, ma ne sono state scritte molte che lo vedono protagonista, marginalmente o particolarmente.

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Eracle con il suo amante Iolaos, congiunti da Éros
Vaso etrusco, Villa Giulia

La figura di Eracle
Eracle significa "la gloria di Era", per cui si presume che egli avesse avuto origine in un luogo dove Era veniva fortemente venerata.

Secondo Pindaro, fu Eracle a istituire le Olimpiadi in onore del suo padre Zeus.

Era il protettore degli uomini, e per questo veniva spesso invocato in casi di pericolo. La sua sacralità si espandeva anche sulle sue presunte reliquie, che, come lui, si credeva che avessero poteri taumaturgici.

Eracle ha avuto corrispondenti in molte tradizioni: veniva chiamato Malqart tra i fenici, Ogmios fra i celti, mentre in India veniva chiamato Vejrapani.

Per i romani, il suo nome era Ercole, presso i tettoni era detto ionchida.

Secondo il mito, Eracle fu concepito mentre Anfitrione, marito di Alcmena, era in guerra, e Zeus si era presentato alla donna sotto le spoglie del marito, che altrimenti non avrebbe mai tradito, e con lei si congiunse in una notte che durò l'equivalente di tre giorni.

Quando Anfitrione ritornò dalla guerra, anche egli si congiunse con lei, così che Alcmena concepì due gemelli: Eracle, figlio di Zeus, e Ificlo, figlio di Anfitrione.

Proprio in quanto figlio illegittimo di Zeus, Eracle fu odiato da Era, moglie di Zeus, che l'odiò fino a cercare più volte di ucciderlo.

Proprio per preservarlo da una tale fine, Zeus, quando Eracle nacque, lo fece portare sull'Olimpo da Ermes, quindi, mise al seno di Era il bimbo, mentre questa dormiva. Quando la dea si svegliò, spinse via il bambino con forza, e dal suo seno spruzzò via un filo di latte, che diede vita alla Via Lattea. Tuttavia, il bimbo aveva bevuto il latte di Era, e questo lo aveva reso immortale. Zeus allora poté riprendere il bimbo, e lo riportò alla madre.
Era non cessò i suoi propositi omicidi: qualche mese più tardi mise due serpenti velenosi nella camera dove dormivano Eracle ed Ificlo. Quando Ificlo si svegliò, con il pianto fece sopraggiungere i suoi genitori, che giunsero in tempo per vedere il piccolo Eracle strangolare i serpenti, uno per mano. Secondo un'altra versione del mito, i serpenti non erano velenosi, ma furono messi nella camera dei gemelli da Anfitrione, che voleva sapere quale dei due fosse suo figlio, poiché aveva saputo dall'indovino Tiresia che uno dei due gemelli non era figlio suo.

Anfitrione, anche se Eracle non aveva il suo sangue, provvide alla cura del piccolo con estrema cura, affidandolo ai migliori maestri. Tuttavia il piccolo Eracle non si rendeva conto di quanto smisurata fosse la sua forza, e durante una lite uccise il suo maestro di musica Lino, colpendolo con la lira.

Inviato in fattoria, dove il duro lavoro gli avrebbe insegnato a controllare la sua forza, vi rimase fino ai diciotto anni. Secondo alcuni autori raggiunse la statura di 4 cubiti e 1 piede (2,33 m), ma viene raffigurato dagli artisti come un uomo di statura normale.

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Eracle, incisione di Albrecht Durer

La sua prima impresa
La prima delle dodici fatiche di Eracle fu l'uccisione di un enorme leone che sterminava le greggi di Anfitrione sul monte Citerone. Eracle lo uccise, lo scuoiò e dalla sua pelle ne ricavò un mantello, ed usò la testa come elmo.

Quando poi Tebe venne attaccata e sconfitta da Orcomeno, Eracle, coraggiosamente, si impadronì delle armi che ornavano i templi e le distribuì agli uomini validi, che riunitisi in esercito, batterono Orcomeno. Durante la battaglia, in cui Anfitrione rimase ucciso, Eracle eresse una diga sul fiume Cefiso, che allagò i campi coltivati dei nemici. Atena, impressionata dall'abilità dell'eroe, decise, dopo questa impresa, di essergli alleata.

Matrimonio con Megara
Creonte, re di Tebe, per riconoscenza verso l'eroe che aveva salvato la città, decise di donare ad Eracle grandi ricchezze, gli diede in sposa la figlia Megara, mentre a Ificlo spettò la sorella minore di Megara. Da queste, i due gemelli ebbero numerosi figli (gli Eraclidi, i figli di Eracle, furono otto).

La pazzia
Era non aveva dimenticato i suoi propositi, e decise di fare impazzire l'eroe. Questi attaccò dapprima il suo nipote più grande, Iolao, che però riuscì a sfuggirgli. Poi però, imbracciato il suo arco per uccidere dei nemici immaginari, scagliò dei dardi che uccisero due figli suoi e due di Iolao.

Quando rinsavì, Eracle rimase distrutto dall'orrore che aveva commesso, e si esiliò dal mondo.

Il re di Tespia, tuttavia, riuscì ad incontrare l'eroe, lo purificò e lo convinse a recarsi presso l'oracolo di Delfi, per sapere come espiare l'omicidio dei suoi discendenti.

La guerra contro Eurito e la morte di Eracle
Una volta a Trachis, Eracle sfidò Eurito, che lo accusò di nuovo di avere truccato la gara di tiro con l'arco. Eracle consultò l'oracolo di Dodona, che gli rivelò che quella sarebbe stata la sua ultima impresa. Eracle sconfisse Eurito, e sterminò tutta la sua famiglia, ad eccezione di Iole, che Eracle mandò presso Deianira. Questa, in preda alla gelosia, perché il marito non l'aveva uccisa, decise di inviare ad Eracle una veste cosparsa del sangue di Nesso.

Ciò che Deianira non sapeva, era che le frecce di Eracle erano imbevute del sangue dell'idra di Lerna, che quando avevano trafitto il corpo di Nesso si era mescolato al sangue di quest'ultimo. Quindi, quando Eracle indossò la veste, la pelle iniziò a bruciargli e capì che la sua fine era vicina. Chiese dunque al figlio Illo di preparare un rogo in suo onore sul monte Eta, e gli affidò in sposa Iole.

Una volta preparato il rogo, Illo e Iolao non ebbero il coraggio di accenderlo, ed Eracle fu costretto a chiedere ad un pastore di farlo. Questi ubbidì, ed Eracle gli donò le sue armi. Indossata la pelle di leone che non lo aveva mai abbandonato dall'età di diciotto anni, salì sul rogo, mentre Iolao, Illo e il pastore Filottete intonavano i lamenti funebri.

Mentre Eracle cominciava a bruciare, con un rombo Zeus prelevò il corpo del figlio prima che morisse, e lo portò con sé nell'Olimpo.

Iolao costruì un tempio in onore del padre, e Illo sposò Iole. Deianira, quando seppe di ciò che era successo, in preda ai sensi di colpa si uccise.

Sull'Olimpo Eracle si riconciliò con Era, la quale lo chiamò figlio. Ebbe in sposa Ebe. (Fonte Wikipedia)
 
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L'eterno fascino del Teatro Greco

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[Nella foto, la parte destra della càvea del Teatro Greco di Siracusa, durante uno spettacolo]

L’appuntamento annuale con le tragedie greche a Siracusa è per molti appassionati un punto di riferimento culturale che si rinnova ogni anno, atteso e sperato. Fino a non molto tempo fa, tale appuntamento era previsto ogni due anni e gli appassionati, fra cui chi scrive, “conteggiavano” il tempo estivo un po’ come se attendessero qualcosa che non arrivasse mai per un anno intero, quando si trattava dell’anno di stasi; ed un po’ come se nell’anno destinato alla messa in scena degli Spettacoli Classici, si prevedesse una festa tutta da pregustare per quattro-cinque mesi, fino alla gioia della fruizione nel suo materiale realizzarsi.

Ecco cosa le Rappresentazioni Classiche hanno potuto e possono nell’animo dello spettatore attento ed appassionato al genere.
E’ come un rito recarsi al Parco Archeologico della Neapolis a Siracusa, ogni anno, verso la metà di maggio, sotto il sole spesso cocente della precoce estate siciliana, con il biglietto già in mano, in netto anticipo rispetto all’orario d’inizio ed assembrarsi in attesa con gli altri spettatori dietro il gran cancello di ferro che quasi ha il potere di delimitare un mondo da un altro, la realtà dalla fantasia.

All’apertura del cancello, la corsa per i posti non numerati viene riservata ai più pimpanti delle comitive, mentre il solitario, riflessivo studioso percorre quel tratto di ghiaia bianca, in salita, tra gli alberi del parco, già sfogliando il libretto di sala o, meglio ancora, la traduzione della tragedia così come andrà in scena; libriccino che viene regolarmente venduto a pochi euro, al pari dell’affitto dei cuscini, con la stessa naturalezza.

Non è un caso: per una sera, a Siracusa si può vivere nell’Antica Grecia e dovunque, se lo si voglia, e lo spettatore, già entrando nel parco che racchiude il magnifico Teatro greco, può accantonare per qualche ora la propria vita ed immergersi in un’atmosfera senza tempo. Solo un lampo di esperiente furbizia gli illumina lo sguardo nell’individuare il luogo migliore della platea: sulla parte destra della càvea, dove l’ombra dei pomeriggi afosi scende prima dal monte e ristora chi attende da ore l’inizio dello spettacolo; prima che ne goda anche l’incauto che ha scelto la parte sinistra della platea…e poi giù, verso il palcoscenico, a scegliersi il posto; non in alto, come l'ottima acustica del teatro consentirebbe, ma con i piedi penzoloni, possibilmente, tra il gradino della prima fila della platea e la parte semicircolare del palcoscenico: si è lì per far parte della serata, in un’immersione totale nell’astrazione della splendida produzione tragica greca, che induce alla catarsi, oggi come allora. Goderne è privilegio e goderne da vicino è ancora più emozionante e coinvolgente: significa “esserci”.

Ed ecco lì la scena che attende silenziosa, senza sipario, senza alcun velario, che la rappresentazione teatrale le dia senso e vita; che gli attori ed il coro, trafigurati dal genio umano e poetico dei versi declamati, la pòpolino e le diano la prerogativa del luogo e del tempo; del “qui” e del “dovunque”; del “sempre” e del “mai”, nell’universalità del Teatro immortale dei Tragici greci.
Un vento leggero soffia sul viso e fa muovere le fronde dei magnifici alberi del parco, alle spalle del palcoscenico, che non ha più quinte, né sfondo, ma che ha mantenuto il dono miracoloso di traformarsi in Trachis, in Tebe, in Atene, di ospitare il Palazzo del re o l’ara del Dio, l’erta del monte o la pianura della battaglia…

E’ l’imbrunire: lo Spettacolo comincia…Il pubblico, composto da migliaia di persone, tace all’improvviso, come un sol uomo. Che importa essere seduti sulla pietra, senza schienale, possibilmente, per distrazione, anche senza cuscino? Chi se ne accorge?
Due ore di fila trattenendo il fiato ed ascoltando e guardando l’eterno travaglio della vita, lo snodarsi di vicende di uomini e dei, di eroi e di traditori, di vita e di morte: tutto ciò non ha prezzo ed è per sempre; vive nella Poesia del Teatro e non per niente lo chiamano “Eternità”. (Fonte Teatrorg)
 
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view post Posted on 21/5/2007, 14:21
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Teatro Greco di Siracusa - Storia

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Teatro Greco di Siracusa - Stagione 2007 - XLIII Ciclo di spettacoli classici

Teatro Greco di Siracusa/Teatro Greco di Palazzolo Acreide
dal 10 maggio al 24 giugno 2007


L'Istituto Nazionale del Dramma Antico nasce dall'idea di ridare vita al dramma antico restituendolo alla scena di un grande teatro, un'iniziativa del Conte Mario Tommaso Gargallo che, nel 1913, istituisce un comitato promotore e, successivamente, un comitato esecutivo per la realizzazione del progetto.
Il primo Ciclo di Spettacoli Classici viene inaugurato il 16 aprile 1914 con l'Agamennone di Eschilo, su traduzione, direzione artistica e musiche di Ettore Romagnoli.
Le scene, i costumi ed il primo manifesto sono eseguiti da Duilio Cambellotti. Nel 1927 viene introdotta anche la commedia con la messa in scena delle Nuvole di Aristofane, che resta tuttavia marginale fino agli anni '70 rispetto alla rappresentazione tragica.
Agamennone e Coefore di Eschilo, Edipo Re e Antigone di Sofocle, Medea e Baccanti di Euripide, sono tra le tragedie più rappresentate, oltre alla presentazione di opere meno conosciute, spesso escluse dalle produzioni dei grandi teatri, come le tragedie "a lieto fine" di Euripide: Alcesti, Elena e Ione.
Il Teatro Greco di Siracusa è uno spazio scenico ed un luogo di confronto sulla cultura classica che ha accolto contributi illustri: le traduzioni di Raffaele Cantarella, Dario Del Corno, Vincenzo Di Benedetto, Edoardo Sanguineti; le versioni dei drammi - in qualche caso vere e proprie riscritture - di autori come Pier Paolo Pasolini e Salvatore Quasimodo; le letture di registi come Mario Martone, Giancarlo Sbragia, Gabriele Lavia; le interpretazioni di grandi artisti come Elena Zareschi, Vittorio Gassmann, Valeria Moriconi, Salvo Randone.
Nel tempo è rimasto intatto l'intento che anima il Ciclo di spettacoli Classici: il desiderio di riscoprire la lezione del teatro antico, facendo rivivere nel nostro tempo il valore universale dei testi classici. (Fonte Rai)
 
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Inizio spettacoli ore 18.30
11 Maggio - Venerdì
13 Maggio - Domenica
15 Maggio - Martedì
17 Maggio - Giovedì
19 Maggio - Sabato
23 Maggio - Mercoledì
25 Maggio - Venerdì
27 Maggio - Domenica
29 Maggio - Martedì
31 Maggio - Giovedì
Inizio spettacoli ore 19.00
02 Giugno - Sabato
06 Giugno - Mercoledì
08 Giugno - Venerdì
10 Giugno - Domenica
12 Giugno - Martedì
14 Giugno - Giovedì
16 Giugno - Sabato
20 Giugno - Mercoledì
22 Giugno - Venerdì
24 Giugno - Domenica
 
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view post Posted on 31/5/2007, 09:44
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Trachinie di Sofocle - Eracle di Euripide
Fino a domenica 24 giugno, al Teatro Greco di Siracusa, il XLIII ciclo di rappresentazioni classiche per la stagione 2007 dell'Inda

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Da giovedì 10 maggio a domenica 24 giugno al Teatro Greco di Siracusa si terrà il XLIII Ciclo di Rappresentazioni Classiche, per la stagione 2007 dell'Istituto Nazionale del Dramma Antico. Quest'anno il mito di Eracle sarà riproposto con la rappresentazione delle Trachinie di Sofocle e di Eracle di Euripide. Le Trachinie debutterà giovedì 10 maggio, il giorno successivo sarà la volta di Eracle.

L’uomo con la sua forza e la sua enorme fragilità, il suo rapporto complesso con la divinità, l’insondabilità del destino: sono questi i temi che emergono dai drammi in cartellone, nella visione problematica dell’uomo e della vita proposta da Sofocle e da Euripide. Una “indagine”, questa, che non lascia spazio all’eroe forte e invincibile che domina l’immaginario collettivo: Eracle non è qui un semidio ma un uomo che affronta la vertiginosa caduta della gloria e della sua buona fortuna. Nelle Trachinie, Eracle distrugge una città per conquistare la figlia del re, Iole, e portarla con sé come concubina: troverà la morte per mano della moglie Deianira, che lo avvelena, senza volere, credendo di somministrargli un filtro d’amore (il sangue del Centauro Nesso di cui cosparge il chitone da donare al suo sposo) che ha custodito segretamente per anni. E a sua volta, rendendosi conto che la veste porterà Eracle alla morte, la donna si toglierà la vita, come molte grandi regine della tragedia greca, in segreto, tra le mura della sua reggia. Emerge costantemente, in questo dramma, un senso di incertezza, di realtà multiforme, difficile da comprendere e da “ordinare”. Per certi versi, Eracle e Deianira, come membri di una unione mal riuscita, hanno entrambi qualcosa di “non puro”: astuzie, menzogne, tradimenti contrassegnano l’agire di Eracle, Deianira è ossessionata dai suoi ricordi, e attraverso il suo “patto segreto” con Nesso, porta in sé il seme della distruzione. In molti drammi sofoclei emerge prepotentemente un lato oscuro che altera la visione delle cose e di se stessi, una deformità, una contaminazione che diviene un fatto ancora più destabilizzante proprio perché coinvolge grandi personaggi, spesso colti all’apice della loro gloria: basti pensare alla follia in Aiace, al puzzo di cadavere dell’Antigone, alla peste dell’Edipo Re, alla piaga nel Filottete. E’ questo il fil rouge che ci porta oltre Sofocle, fino a Euripide, al suo Eracle accecato dalla follia proprio quando, terminate le fatiche, salvata la sua famiglia dalla morte e liberata Tebe dal dominio di Lico, sembra aver superato ogni ostacolo, ogni minaccia. Per ordine di Era, Lissa, la follia, penetra nella sua mente, portando l’eroe a uccidere i suoi cari senza rendersene conto, scambiandoli per la moglie e i figli del suo nemico. Anche qui una azione non voluta, dettata da una volontà oscura e insondabile cui l’uomo deve necessariamente piegarsi. E ad Eracle, cui la vita ha dato tutto e ha tolto tutto, non rimane che aggrapparsi all’amico Teseo, re di Atene, che, in un finale commuovente, lo porta con sé nella sua città.





Eracle di Euripide
Il dramma è ambientato a Tebe, davanti al palazzo di Eracle. La moglie Megara, i tre figli dell’eroe e il padre Anfitrione, attendono con trepidazione il ritorno di Eracle, sceso nell'Ade per compiere l'ultima fatica; la loro vita è in pericolo da quando a Tebe Lico si è impadronito del potere uccidendo Creonte, padre di Megara e re della città. Proprio quando il loro sacrificio sta per compiersi, ritorna Eracle che, informato dai suoi familiari dei recenti accadimenti, entra nella reggia per tendere un agguato a Lico. Questi cadrà, poco dopo, sotto i colpi di Eracle, dentro il palazzo. Giustizia è fatta, almeno così sembra. Proprio quando l’ultimo ostacolo è stato superato dall’eroe che finalmente si è ricongiunto ai suoi cari, appaiono sulla sommità del palazzo Iride e Lissa, figlia della Notte, in orribile aspetto da Gorgone. Costoro annunciano come, per volere della dea Era, Eracle sia destinato impazzire e ad uccidere moglie e figli. Dall’interno della reggia si ode il grido straziante di Anfitrione, segno che la follia si è ormai impossessata di Eracle, portandolo a compiere azioni terribili di cui è del tutto inconsapevole. L’eccidio è raccontato in ogni particolare dal Messaggero: solo Anfitrione è stato risparmiato, grazie all’intervento di Atena. Eracle è ora assopito e legato ad una colonna, ma ai suoi piedi giacciono i cadaveri dei figli e di Megara: questa terribile visione riporta l’eroe alla realtà quando, scuotendosi dal sonno ed ormai libero dalla follia, si rende conto di avere assassinato la persone a lui più care. Nello stesso istante arriva Teseo, re di Atene, giunto a Tebe in soccorso ad Eracle per ricambiare il beneficio ricevuto dall’eroe che lo aveva liberato dall’Ade e restituito alla vita. In nome dell’amicizia che li unisce, Teseo dissuade Eracle dall’intenzione di suicidarsi, e lo invita a seguirlo ad Atene. Prima di andare via sorretto da Teseo, l’eroe affida ad Anfitrione l’incombenza dolorosa di seppellire i suoi cari.


Trachinie di Sofocle
A Trachis, in Tessaglia, Deianira attende in esilio il ritorno del marito Eracle, in ansia per la sua sorte la donna invia il figlio Illo a cercare il padre; poco dopo la partenza del giovane, giunge a Trachis un messaggero che annuncia il ritorno di Eracle, confermato successivamente da Lica, l’araldo ufficiale. Questi porta con sé un gruppo di prigioniere dalla città di Ecalia, donne un tempo libere e ormai schiave, ridotte alla stregua di trofei di guerra. Fra loro c’è Iole, figlia del re di Ecalia, per la quale Deianira prova, prima ancora di conoscerne l’identità, un immediato moto di compassione, al punto da maturare il proposito di accoglierla in casa propria. Ma subito dopo la regina è messa al corrente, dal messaggero prima, da Lica poi, di una amara verità che inizialmente le era stata nascosta: Eracle nutre per Iole una violenta passione; solo per possederla l’eroe ha espugnato Ecalia, ed ora la conduce nella sua casa come concubina. Per non perdere l’amore del marito, Deianira invia a Eracle una veste intrisa del sangue del centauro Nesso, convinta che si tratti di un filtro d’amore in grado di ricondurre a sé l’eroe, come le aveva detto, al momento di spirare, il centauro ucciso da Eracle tanti anni prima. Quando Deianira vede polverizzarsi al sole un bioccolo di lana impregnato del sangue di Nesso, lo interpreta come un cattivo presagio. La conferma viene da Illo, che ritornato a casa racconta che la veste, appena indossata, ha provocato a Eracle atroci sofferenze attaccandoglisi ai fianchi e corrodendogli le carni. Rendendosi conto di essere stata strumento della vendetta di Nesso, e che il chitone porterà Eracle ad una morte terribile, Deianira si ritira nel talamo e si toglie la vita, trafiggendosi con un pugnale. E’ la nutrice a raccontarne la morte e a descrivere il dolore di Illo, che troppo tardi scopre le vere intenzioni della madre, a sua volta vittima di un inganno. Nella seconda parte del dramma, Eracle fa la sua comparsa sulla scena, disteso su una lettiga e in preda al dolore: l’eroe che sembrava invincibile è ora impotente, sul letto di morte. Ma quando Illo racconta al padre la verità su Deianira e sul sangue di Nesso, l’eroe ricorda improvvisamente l’oracolo di Zeus che gli aveva predetto una morte provocata da un morto. Eracle chiede al figlio di condurlo sul monte Eta e di bruciarlo su una pira. La tragedia si conclude con le parole di Illo che condanna l’indifferenza degli dèi e l’operato di Zeus, padre celeste di Eracle. (Fonte Circuiti Unict)


Per ulteriori informazioni sul programma cliccare su www.indafondazione.org


 
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view post Posted on 4/6/2007, 08:10
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Teatro Greco di Siracusa, XLIII Ciclo di Spettacoli Classici: Trachinie di Sofocle ed Eracle di Euripide - fino al 24 giugno
Creato da Arounditaly staff categoria Sicilia

Siracusa e’ una splendida citta’ di mare che nel mare si allunga con l’isola di Ortigia; e’ adagiata lungo una baia armoniosa. Il nome evoca subito il passato greco, i tiranni e la rivalita’ con Atene e con Cartagine, passato di cui la citta’ conserva numerose testimonianze, una di queste e’ il Teatro Greco, uno dei più imponenti dell’antichita’. La data di costruzione e’stata stabilita intorno al V sec. a.C. in base alla notizia della rappresentazione della prima dei Persiani di Eschilo.

Il Teatro Greco di Siracusa ospita in questa stagione Il mito di Eracle in occasione del XLIII Ciclo di Rappresentazioni Classiche cominciate il 10 maggio che dureranno fino al 24 giugno 2007: “Trachinie” ha debuttato il 10 maggio, il giorno successivo e’ stata la volta di “Eracle”.
Trachinie di Sofocle è rappresentato con la regia di Walter Pagliaro, nella traduzione di Salvatore Nicosia e Eracle di Euripide, con la regia di Luca De Fusco, nella traduzione di Giulio Guidorizzi.
Due tragedie che sottolineano, attraverso la figura dell’eroe condannato ad una sciagurata sorte nonostante la forza straordinaria, l’insondabilità del destino e il complesso rapporto tra essere umano e divinità. L’ Eracle delle Trachinie e dell’ omonima tragedia euripidea non è il semidio invincibile, ma l’uomo, che dalla somma gloria cade nella sorte avversa, paradigma della fragilità delle fortune umane.
Due titoli poco rappresentati - le Trachinie sono state messe in scena a Siracusa per la prima volta nel 1933 e poi solo più di quarant’anni dopo nel 1980 con Valeria Moriconi nei panni di Deianira, mentre l’Eracle è stato rappresentato solo una volta, nel 1964, nella traduzione di Salvatore Quasimodo - che, più di altri, pongono al centro l’elemento irrazionale e oscuro delle cose.
E’ Eros, forza sconvolgente, l’elemento alla base delle Trachinie: Eros che spinge l’ eroe a conquistare una città per avere una fanciulla, Eros che spinge Deianira, la moglie che attende l’eroe da tanti anni, ad ucciderlo, pur inconsapevole, a sua volta vittima di un inganno, e a darsi la morte. E’ la follia il tema centrale dell’ Eracle euripideo, che, proprio quando ha superato ogni ostacolo, salvata la famiglia e liberata Tebe, accecato, stermina i suoi cari, convinto che siano nemici, per il crudele disegno divino di Era.

CALENDARIO GIUGNO 2007 - inizio spettacoli alle ore 19

1 giugno trachine
2 giugno eracle
3 giugno trachine
5 giugno trachine (posto unico)
6 giugno eracle (posto unico)
7 giugno trachine
8 giugno eracle
9 giugno trachine
10 giugno eracle
12 giugno eracle
13 giugno trachine
14 giugno eracle
15 giugno trachine
16 giugno eracle
17 giugno trachine
19 giugno trachine
20 giugno eracle
21 giugno trachine
22 giugno eracle
23 giugno trachine
24 giugno eracle

(Fonte AroundItaly)
 
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Da "L'Avanti!" di Venerdì, 8 Giugno 2007

TRE DOMANDE AL PROFESSOR GIULIO GUIDORIZZI
L’arte della traduzione

Tradurre è veramente tradire o è l’unica possibilità di entrare in rapporto diretto con un autore? Sicuramente è un’arte: non bastano le conoscenze linguistiche, fondamentale è invece l’attenzione al microcosmo dell’autore, oserei parlare di empatia, e al contesto semiotico in cui tale scritto era fruito. Talvolta, anche da parte di traduttori autorevoli, si corre il rischio di trasformare lo spirito originale di un’opera decontestualizzandola, trasformandola a tutti i costi in prodotto libresco, editoriale, che non permette altra fruizione al di fuori della lettura silenziosa: non a caso in pochi riescono a tradurre per il teatro e fra costoro è da annoverare Giulio Guidorizzi, il quale ha reso il testo dell’Eracle euripideo (in programma al teatro greco di Siracusa fino al prossimo 24 giugno) collaborando con il regista Luca De Fusco, tenendo quindi sempre presente il contesto performativo e le necessità recitative. Lo stesso Guidorizzi (che abbiamo incontrato in occasione del centenario della rivista semestrale “Studi italiani di filologia classica” che si è tenuto a Siracusa), conferma quanto sinora è stato detto.
Professore Guidorizzi, attraverso quali espedienti è riuscito a ottenere un testo atto a essere rappresentato?
“Innanzitutto mi sono astenuto da una traduzione filologica che avrebbe appesantito il testo. Piuttosto ho seguito lo stile di Euripide, non troppo poetico né eccessivamente prosastico. Ho voluto dare un’impronta stilistica moderna e più agevole, prediligendo la sintassi e un uso sintetico delle parole, a costo di togliere qualche aggettivo; inoltre ho adattato l’opera alla sensibilità del pubblico, rispettando comunque Euripide, riducendo le lunghe descrizioni geografiche e le altrettanto lunghe digressioni mitologiche, abituali per il pubblico ateniese del V secolo ma non per quello moderno, così come ho variato le ripetizioni lessicali (i Greci non ne sentivano l’inceppo), soppresso a volte dei vocativi, quelli più ridondanti, che nel teatro greco fungevano da segnali registici ed erano essenziali per costituire l’unità metrica giambica. Per non cadere eccessivamente nel prosastico ho inserito talvolta dei versi della metrica italiana, come ad esempio l’endecasillabo, familiari al pubblico”.
Dato che ha collaborato col regista non dovrebbe aver ricevuto delle brutte sorprese...
“Beh, in effetti qualche brutta sorpresa c’è stata ma era inevitabile da parte degli attori e del regista: alcuni tagli e sostituzioni sinonimiche”.
Lei è un modernista?
“No, non sono un modernista. Sicuramente non sono favorevole a una banale modernizzazione che degrada la tragedia ma reputo fuori luogo oramai i pepli delle prime rappresentazioni a Siracusa, percepiti dagli spettatori con alterità eccessiva fino allo straniamento. I nostri costumisti e scenografi hanno realizzato un’atmosfera atemporale e aspaziale, quasi da fantasy convenendo al mio primo proposito: comunicare l’essenza del mito”. (Fonte L'Avanti)
 
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XLIII Ciclo di Rappresentazioni Classiche
Teatro Greco di Siracusa (10 maggio-24 giugno 2007)
Trachinie di Sofocle ed Eracle di Euripide
Il mito di Eracle al Teatro Greco di Siracusa

Siracusa, Teatro Greco. La cavea durante le Rappresentazioni Classiche
Il mito di Eracle sarà riproposto in occasione del XLIII Ciclo di Rappresentazioni Classiche che si terrà dal 10 maggio al 24 giugno 2007 al Teatro Greco di Siracusa: Trachinie debutterà giovedì 10 maggio, il giorno successivo sarà la volta di Eracle. Sono attualmente in corso di definizione i cast dei due spettacoli in cartellone; il manifesto sarà realizzato dall’artista Emilio Isgrò.
L’uomo con la sua forza e la sua enorme fragilità, il suo rapporto complesso con la divinità, l’insondabilità del destino: sono questi i temi che emergono dai drammi in cartellone, nella visione problematica dell’uomo e della vita proposta da Sofocle e da Euripide.
Una “indagine”, questa, che non lascia spazio all’eroe forte e invincibile che domina l’immaginario collettivo: Eracle non è qui un semidio ma un uomo che affronta la vertiginosa caduta della gloria e della sua buona fortuna.
Nelle Trachinie, Eracle distrugge una città per conquistare la figlia del re, Iole, e portarla con sé come concubina: troverà la morte per mano della moglie Deianira, che lo avvelena, senza volere, credendo di somministrargli un filtro d’amore (il sangue del Centauro Nesso di cui cosparge il chitone da donare al suo sposo) che ha custodito segretamente per anni.
E a sua volta, rendendosi conto che la veste porterà Eracle alla morte, la donna si toglierà la vita, come molte grandi regine della tragedia greca, in segreto, tra le mura della sua reggia.
Emerge costantemente, in questo dramma, un senso di incertezza, di realtà multiforme, difficile da comprendere e da “ordinare”. Per certi versi, Eracle e Deianira, come membri di una unione mal riuscita, hanno entrambi qualcosa di “non puro”: astuzie, menzogne, tradimenti contrassegnano l’agire di Eracle, Deianira è ossessionata dai suoi ricordi, e attraverso il suo “patto segreto” con Nesso, porta in sé il seme della distruzione.
In molti drammi sofoclei emerge prepotentemente un lato oscuro che altera la visione delle cose e di se stessi, una deformità, una contaminazione che diviene un fatto ancora più destabilizzante proprio perché coinvolge grandi personaggi, spesso colti all’apice della loro gloria: basti pensare alla follia in Aiace, al puzzo di cadavere dell’Antigone, alla peste dell’Edipo Re, alla piaga nel Filottete. E’ questo il fil rouge che ci porta oltre Sofocle, fino a Euripide, al suo Eracle accecato dalla follia proprio quando, terminate le fatiche, salvata la sua famiglia dalla morte e liberata Tebe dal dominio di Lico, sembra aver superato ogni ostacolo, ogni minaccia.
Per ordine di Era, Lissa, la follia, penetra nella sua mente, portando l’eroe a uccidere i suoi cari senza rendersene conto, scambiandoli per la moglie e i figli del suo nemico.
Anche qui una azione non voluta, dettata da una volontà oscura e insondabile cui l’uomo deve necessariamente piegarsi. E ad Eracle, cui la vita ha dato tutto e ha tolto tutto, non rimane che aggrapparsi all’amico Teseo, re di Atene, che, in un finale commuovente, lo porta con sé nella sua città.
Trachinie ed Eracle nella storia dell’INDA
L’Istituto Nazionale del Dramma Antico ha rappresentato per la prima volta le Trachinie al Teatro Greco di Siracusa nel 1933, con la traduzione di Ettore Bignone, la direzione artistica di Franco Liberati, le musiche di Ildebrando Pizzetti, scene e costumi di Duilio Cambellotti.
Bisognerà aspettare quarantasette anni per assistere alla seconda messa in scena del capolavoro di Sofocle, nel 1980, con la traduzione di Umberto Albini e Vico Faggi, la regia di Gianfranco Cobelli, le musiche di Salvatore Sciarrino, scene e costumi di Paolo Tommasi. In questa occasione, Deianira è interpretata da una straordinaria Valeria Moriconi.
Eracle è stato rappresentato solo una volta nella storia dell’INDA, nel 1964; la traduzione è di Salvatore Quasimodo, la regia di Giuseppe Di Martino, le musiche di Bruno Nicolai, scene e costumi di Mischa Scandella. Il volto di Eracle è quello di Sergio Fantoni, Lico è Arnoldo Foà. (Fonte Dalla Rete)
 
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